CHIUDIAMO TUTTI GLI ALLEVAMENTI DI VISONI! FERMIAMO LA GUERRA ALLE NUTRIE!

 

“FederFauna, per il bene dei propri Iscritti e dei Cittadini tutti,chiede al Governo misure urgenti contro il terrorismo interno, in particolare di matrice ecologista-animalista (ecoterrorismo). Chiede che venga garantito a tutti i Cittadini il diritto, garantito anche agli animali, di non avere paura!…”

4 Maggio 2015, a seguito del corteo NO-Expo

Massimiliano Filippi, segretario generale FederFauna e allevatore di visoni

 

In questo periodo dell’anno l’attività negli allevamenti di visone è frenetica: i nuovi nati sono abbastanza grandi per essere considerati pronti per l’uccisione e la scuoiatura. Le loro pelli sono destinate alle aste internazionali che in nome dell’industria della moda sono sempre più avide di questi corpi.

Nella sola provincia di Bergamo si contano già quattro allevamenti; quelli attivi in Italia sono una ventina. Le associazioni che rappresentano gli allevatori di visoni, come ad esempio l’AIAV (Associazione Italiana Allevatori di Visone), sono consapevoli che, quello che loro definiscono “un onesto lavoro”, non solo non è ben visto ma da più parti è osteggiato.

Questo è uno dei motivi per cui, in questi ultimi anni, abbiamo visto scuoiatori di animali proporsi come risolutori della crisi, custodi delle tradizioni, fino a diventare educatori di alunni invitati nei loro lager (quando chiaramente il campo è pulito).

Da luglio di quest’anno, come se tutto ciò già non bastasse, alcuni zelanti allevatori di visone hanno pensato di offrirsi anche come collaboratori e impresari della “guerra alle nutrie”.

Volontari delle campagne che, in questa fantomatica “emergenza nutrie”, si “offrono” per ritirare i corpi delle nutrie uccise da cacciatori, agricoltori o da chiunque, anche in possesso di un solo bastone, si senta “in pericolo” incontrando una nutria.

L’”innovativo” progetto, in fase di studio, prevede la valutazione della “fattibilità tecnica della concia delle pelli di questi roditori e il loro utilizzo per la produzione di pellicce”.

La storia dello sfruttamento delle nutrie purtroppo ci ricorda che già i loro corpi vennero utilizzati per la produzione di pellicce. La “novità” consiste nel tentativo di utilizzare i già attivi e produttivi allevamenti di visoni per aumentarne ancor più la redditività. Economica per gli allevatori. Ma, ancor più grave, simbolica e di immagine nel trasformarli in operatori ecologici che, con la loro azione, collaborano allo sviluppo eco-sostenibile dei territori e al “mantenimento dell’ordine pubblico”.

Conferma di un processo che autorizza gli enti faunistici e venatori a trasformare gli animali, in questo caso le nutrie, da utili, in quanto allevabili e quindi sfruttabili fino alla morte, a nocivi.

La storia delle nutrie è esemplificativa: introdotte e allevate in Italia per la loro pelliccia fin dagli anni Venti, al primo cambio di moda e tendenza, non sono più considerati corpi redditizi. Troppo costosi per essere mantenuti, gli allevatori se ne liberano. Le nutrie sopravvissute e dimenticate raggiungono gli altri animali selvatici. Intanto gli umani continuano a devastare i territori e, quando la Terra non riesce più a reggere i ritmi di questi costanti attacchi, servono nuovi capri espiatori. I tecnici e le autorità costituite di Regioni, Province, Comuni trasformano le nutrie in “animali nocivi, da eradicare”. Una guerra con l’obiettivo dichiarato dell’estinzione di questa specie.

Come per ogni “guerra umanitaria” che si dichiari, il campo deve restare pulito: i corpi delle nutrie vengono accatastati in frigoriferi nelle piattaforme ecologiche, invisibili agli occhi. Così come invisibili sono i corpi nudi dei visoni dopo la scuoiatura, rinchiusi nel gelo degli allevamenti.

Il vero responsabile della devastazione della Terra è altrove. Questa costruzione del nemico, alla quale collaborano anche alcuni che si dicono ambientalisti, per l’ennesima volta rende visibile le catene degli sfruttamenti e dei sistemi che le riproducono e che le pacificano in nome della salvaguardia di pratiche agricole industrializzate e intensive.

Pratiche ecocide contro la Natura.

Contro ogni guerra!

Per ogni liberazione animale e della Terra!

Coordinamento Liber*Selvadec

Bergamo, 16 Ottobre 2015

 

APPUNTAMENTI:

/ SABATO 7 NOVEMBRE 2015

h 14,30 piazzale Stazione FS di Bergamo

V° BICICLETTATA CONTRO GLI ALLEVAMENTI DI VISONI E LA GUERRA ALLE NUTRIE

Ogni voce, suono, cartello, messaggio che porteremo con noi, renderà più comunicativa la nostra iniziativa: vi invitiamo a portare con voi qualsiasi strumento rumoroso e/o cartelli a tema, di vostra fantasia.

Chi fosse sprovvisto di bicicletta e/o avesse altre esigenze, ci contatti.

A seguire

Apericena c/o KASCINA PONCHIA/KAP, via Ponchia, q. Monterosso

Benefit per la pubblicazione degli atti del XI Incontro di Liberazione Animale

h 21 Dibattito “SOLIDARIETA’ IN MOVIMENTO”

Incontro con Luana, attivista per la liberazione animale che sarà nuovamente a processo, il 9 novembre presso il tribunale di Brescia, con l’accusa di aver liberato dei Beagles dall’allevamento “Green Hill” di Montichiari.

/ DOMENICA 8 NOVEMBRE 2015

Dalle ore 10 alle 18

c/o KASCINA PONCHIA/KAP, via Ponchia, q. Monterosso

Assemblea aperta sul dopo XI Incontro di Liberazione Animale: riflessioni, iniziative e nuove proposte.

h 13,30 Pranzo a sottoscrizione per il XII Incontro.

/ LUNEDI 9 NOVEMBRE 2015

h 9.30 c/o Tribunale di Brescia

Presenza solidale all’udienza per la liberazione dei Beagles dall’allevamento “Green Hill” di Montichiari.

LIBERI DA OGNI GABBIA

Volantino distribuito durante il presidio informativo all’Istituto Agrario “Cantoni” di Treviglio (Bg)

 

LIBERI DA OGNI GABBIA

“Il giorno dopo, il cardellino tornò di nuovo sulla gabbia dov’erano i suoi figli. 

Li guardò. Poi, attraverso le sbarre, li imboccò uno per uno, per l’ultima volta.

Infatti egli aveva portato alle sue creature il tortomalio, che era un’erba velenosa, 

e i piccoli uccellini morirono.

— Meglio morti — disse — che perdere la libertà. –”

IL CARDELLINO- Leonardo da Vinci

Mercoledì 25 Febbraio 2015

C’è movimento all’esterno delle gabbie dell’allevamento di Visoni MI-FO di Capralba: alcuni studenti dell’Istituto agrario “Cantoni” di Treviglio sono in visita a questa struttura, a questo lager.

All’interno delle gabbie ci immaginiamo che la “vita” si svolga in modo del tutto uguale al giorno precedente e al giorno che seguirà…in attesa del momento della gassazione.

Giovedì 26 Febbraio 2015

Un quotidiano locale pubblica le seguenti dichiarazioni:

“Siamo felici di far vedere come lavoriamo perché non abbiamo nulla da nascondere. Purtroppo si insiste a raccontare bugie sul nostro conto e molti media danno una versione dei fatti a senso unico.”– dice l’allevatore.

“Consapevole delle diverse posizioni sulla questione visoni, nel merito della quale non entro, ho lasciato a ragazzi e docenti assoluta libertà di scelta sull’adesione a questa iniziativa, che è stata buona. La scuola ha aderito a questo open day per dare ai ragazzi un’opportunità di conoscenza e di informazione maggiore.”– dice la dirigente scolastica.

Anche oggi queste parole ci  interrogano:

Di cosa possiamo essere felici se assistiamo a una versione dei fatti a senso unico (quella dell’allevatore), estremamente antropocentrica, in cui la banalità del male, in cui un “lavoro” che produce e procura morte viene mostrato e spettacolarizzato?

Cosa resta della consapevolezza se questa non porta a prendere posizione? Cosa resta della libertà se non viene costruita da scelte e azioni che mirano alla liberazione di tutti gli esseri viventi?

Sicuramente le responsabilità dell’attuale situazione di sfruttamento generalizzato, di disagio e miseria non vanno attribuite ad un singolo settore “sbagliato” ma all’intero sistema che nella sua concezione di mondo condanna, a priori, l’esistenza di animali, umani e non, e della sopravvivenza della Terra stessa.

Consideriamo la presenza e l’apertura di allevamenti di visoni come una delle manifestazioni evidenti di una crisi ben più profonda che sconvolge le relazioni sociali e politiche di ogni essere vivente.

Noi non vogliamo essere complici di questo modo e mondo di produzione di sofferenza e dominio. Vorremmo sapere libero ogni visone, ogni essere vivente. Vorremmo che ognuno fosse libero da ogni gabbia, strumento e simbolo di sopruso e violenza.

Per la liberazione di tutte gli animali!

Contro gli allevamenti di visone e i mondi che li producono!

Coordinamento Liber*Selvadec

Bergamo, 17 Marzo 2015

Allevamenti di visoni: altre “opportunità” di sfruttamento e dominio

Citazione

Puntata del 10 Marzo 2015 di RadioBlackout dedicata ad una fra le tante forme e pratiche di dominio e sfruttamento: gli allevamenti di visoni.

Qui la diretta con un compagno del coordinamento Liber* Selvadec e l’appello alla settimana di mobilitazione:

http://radioblackout.org/2015/03/allevamenti-di-visoni-altre-opportunita-di-sfruttamento-e-dominio/

200.000 MOTIVI +1…

Volantino distribuito durante il corteo nazionale organizzato dall’associazione essereAnimali a Modena per “l’abolizione degli allevamenti di animali da pelliccia”. 

200.000 MOTIVI +1

“Con tutti gli occhi la creatura vede 
l’aperto. Solo i nostri occhi sono 
come volti all’indietro e attorno ad essa,
trappole, poste tutte intorno
al suo libero uscire. Ciò che fuori é
noi lo sappiamo solamente dal volto
dell’animale.”
R. M. Rilke, Elegie duinesi

Questo particolare periodo dell’anno è tristemente noto per l’uccisione, negli allevamenti, di milioni di visoni: viventi che, negli ingranaggi di questo sistema, diventano oggetto, merce.

Nell’ultimo anno la situazione, per i visoni, è decisamente peggiorata: nuovi allevamenti, realizzati e progettati, si aggiungono a quelli già esistenti.

La realtà ci dimostra che l’allevamento dei visoni è tutt’altro che in crisi: il settore cresce di anno in anno e le previsioni e le speranze dell’AIAV (Associazione Italiana Allevatori Visone) sono che, nei prossimi anni, decuplicherà addirittura.

Si stringe, anche in questo comparto del “Made in Italy”, un insidioso sodalizio tra “tradizione”, “economia globale” e “ecocompatibilità”.

Nel solco della “tradizione” i consolidati sistemi di allevamento di altri animali si incontrano con le nuove forme dello sfruttamento: sempre più tecnologiche e più “rispettose” del benessere animale.

“Un tipo di allevamento dove il benessere animale è curato ai massimi livelli, e non potrebbe essere diversamente proprio perché il benessere dell’animale diventa di conseguenza il benessere dell’allevatore.” (Giovanni Bellina, allevatore di visoni)

Anche in questo settore la “globalizzazione” non è più letta come un problema ma un’ottima e remunerativa opportunità di soddisfare le richieste di un mercato sempre più vorace.

In questo connubio, non può non figurare la presunta sensibilità ambientalista: di fatto, i nuovi allevamenti si vantano del loro essere “assolutamente ecocompatibili”.  Gli allevatori con le loro aziende si ergono così a tutori e conservatori dell’ambiente dimenticandosi forse l’eredità ecocida lasciataci da decenni di iper-sfruttamenti di corpi e Terra.

Se gli allevamenti di visoni non sono in crisi, il discorso della “crisi” è comunque usato dai capofila dell’AIAV come un grande alibi per giustificare l’ingiustificabile ed incentivare sempre più l’adesione e la complicità a questo sistema di annientamento.

Sicuramente le responsabilità dell’attuale situazione di sfruttamento generalizzato, di disagio e miseria non vanno attribuite ad un singolo settore “sbagliato” ma all’intero sistema che nella sua concezione di mondo condanna, a priori, le esistenze di animali, umani e non, e della sopravvivenza della Terra stessa.

Questa, secondo noi, dovrebbe essere la reale crisi di cui dovremmo occuparci.

In quest’ultimo anno è fiorita un’opposizione a questi consolidati e nuovi progetti di allevamenti di visoni. Un’opposizione dalle molteplici voci che, nel portare le diverse istanze, esprime la pluralità di contenuti e pratiche: petizioni, manifestazioni, biciclettate, liberazioni di visoni dagli allevamenti. Qui, ci interessa soffermarci in particolare su quest’ultimo aspetto senza per questo metterlo necessariamente al di sopra di altre scelte di azione.

È importante ricordare che, negli anni passati, le liberazioni e i sabotaggi sono ciò che hanno maggiormente contribuito alla chiusura di numerosi allevamenti di visone in Italia.

Recentemente, sui giornali e siti internet, abbiamo letto le notizie di tre azioni che hanno portato alla liberazione di migliaia di animali e ai danneggiamenti delle strutture di detenzione in Emilia Romagna, Lombardia e in luogo sconosciuto.

Quello che ci interroga è come, all’interno dei diversi contesti antispecisti, vengano interpretate tali azioni. A seguito di alcune liberazioni, regnano piuttosto il silenzio o l’ambiguità. Nel migliore dei casi viene riportata la notizia dei media e, forse, se questi premono, un rapido commento in bacheca. Sentiamo che la mancanza di riflessioni e di chiare prese di posizione è forse un sintomo di una mediatizzazione che coinvolge e si insidia anche nel movimento di liberazione animale. Resistere alla società dello spettacolo è, di questi tempi, difficile di fatto sembra che la rincorsa alla “credibilità” produca una riflessione pre-confezionata per i media stessi o per il “proprio” pubblico.

Queste modalità sembrano agire in direzione di un de-potenziamento del radicale contenuto delle azioni di liberazione: esprime una netta rottura con i sistemi di sfruttamento, esplicita il conflitto e rintraccia le radici delle oppressioni.

Aprire delle gabbie ha un forte significato in sé. Non tutte le azioni di liberazione vengono rivendicate con degli scritti. In molti dei testi diffusi si percepisce forte la volontà di rompere con questo esistente, il rifiuto di sedere ai “tavoli delle trattative” e di iscrivere le azioni e le mobilitazioni dentro un percorso  legislativo. Il messaggio che viene espresso non si limita alla mera riproduzione della pratica stessa, bensì stimola lo sviluppo di un pensiero critico e radicale, da affinare e costruire costantemente nei percorsi di lotta. Le liberazioni ci restituiscono un senso, un bisogno di libertà. La questione è ben altra dal ricorrere ad esperti per valutare gli inevitabili impatti ambientali o per sostenere che il visone è ancora “parte della natura” anche fuori dalla gabbia.

Pensiamo che quello che avviene nei “territori delle pratiche” meriterebbe di essere preso in considerazione, anche solo per esprimere una critica, un dissenso, un apprezzamento…sarebbe forse segno di vitalità, di situazioni che si interrogano sul proprio e sull’altrui agire. Forse troppo spesso si utilizzano categorie o si scelgono forme discorsive che, più o meno implicitamente, rilegittimano i sistemi di sfruttamento o che generano ambiguità.

Siamo dalla parte di chi apre le gabbie.

Siamo dalla parte di quegli animali che corrono liberi nei campi, nella natura.

Coordinamento Liber*Selvadec

Bergamo, 21 Dicembre 2013

Vignetta di Terenzio Collina