Pubblichiamo, qui di seguito, il testo che è stato diffuso in seguito all’ azione diretta di liberazione animale dal sito americano Bite Bike.
“Appreso di una liberazione nel mese di Agosto di quest’anno, abbiamo deciso di visitare ancora una volta questo piccolo allevamento di visoni a Scorzè, (VE), Italia, la notte del 25 Ottobre.
Il nostro scopo era quello di verificare se l’allevatore in questione avesse preso la decisione di chiudere la sua attività di aguzzino nei confronti di questi animali.
La nostra visita ha trovato invece due strutture su tre piene di visoni, in alcuni casi tenuti anche più di uno per gabbia. Abbiamo quindi tagliato più recinzione possibile e subito dopo abbiamo aperto tutte le gabbie distruggendone numerose.
L’elevato numero di animali presenti nell’allevamento fa pensare che dopo la
precedente liberazione molti siano stati ricatturati nelle campagne, ma è anche molto probabile che nuovi animali siano stati ricomprati dall’allevatore per non essere costretto a chiudere definitivamente. Entrambe le ipotesi non possono che sconfortare, ed è normale, ma dovrebbero invece portare a ben altri pensieri, che vanno ben lontani dalla rassegnazione e dalla passività del non agire.
In questa liberazione gli animali che fuggivano dalle gabbie aperte sembravano già sapere dove correre verso la libertà con un’energia che di solito ci mette del tempo a svilupparsi, visto le condizioni di prigionia. Un’energia e volontà che non può mancare anche a chi sostiene che nessuna gabbia debba più esistere.
Il nostro obbiettivo non mira a rilevare una qualche irregolarità all’interno di questo sistema. Lo smembramento dei corpi per squoiamento, vivisezione, macellazione o altro non rappresentano anomalie, ma il normale funzionamento di questa macchina sociale che fa dello smembramento dei corpi un normale procedere. Quando apriamo le gabbie siamo ben consapevoli di questo. Aprendo le gabbie si crea una rottura con questo esistente fatto di perenne sfruttamento che con gli altri animali si ricrea all’infinito con l’allevamento. Questa azione rappresenta uno spazio di libertà per chi è liberato, ma anche per chi libera: chi fugge verso la libertà non torna indietro di sua spontanea volontà e spesso preferisce la morte. Uno spazio di libertà può rappresentare un inizio per cercare di crearne altri e altri ancora, questi però non all’infinito, ma fino allo stravolgimento di questo sistema di morte.
In questi giorni 13 anni fa moriva in Inghilterra Barry Horne, un liberatore di animali e sabotatore di strutture di sfruttamento, a causa di un lungo sciopero della fame diretto a far cessare la vivisezione in Inghilterra.
Vogliamo finire queste righe con un suo ricordo e dedicargli questo piccolo spazio di libertà che si è creato quando i lucchetti si sono rotti e le gabbie si sono aperte ancora una volta.
Fronte Liberazione Animale”
Fonte: http://www.directaction.info/news_nov27_14.htm